Secondo il recentissimo report del Capgemini Research Institute dal titolo Where are banks and insurers on their digital mastery journey?, le aziende del settore dei servizi finanziari sono in ritardo nel percorso di digital transformation rispetto a quelle di altri settori. Banche e assicurazioni dichiarano di avere scarsa fiducia nelle proprie competenze digitali, e questo si aggiungono una carenza di skill, leadership e vision collettiva per definire il proprio futuro digitale. Qual è la situazione nel wealth management e in Italia in particolare? «I risultati di Capgemini confermano quanto emerso dalle survey che abbiamo condotto negli anni scorsi con EFMA (European Financial Management & Marketing Association) sui trend relativi alla digitalizzazione nel settore», risponde a MF-Milano Finanza Luigi Marciano, ceo e fondatore di Objectway, leader nel settore del Digital Wealth, Investment & Asset Management con un volume di affari di circa 75 milioni di euro. Dalle sedi in Italia, Uk, Belgio, Irlanda e Sud Africa, i 700 dipendenti di Objectway supportano circa 100 mila investitori professionali che hanno in gestione oltre 1.000 miliardi di euro. «Nel wealth la quarta rivoluzione industriale (AI, Internet of Things, Big Data) sta determinando, assieme a una rapida evoluzione della tecnologia, un altrettanto rapido cambiamento dei comportamenti degli investitori e richiede alle banche di ripensare la gestione della relazione con la clientela.

La nuova generazione di clienti vuole essere maggiormente coinvolta nelle decisioni di investimento e si aspetta una user experience paragonabile a quella che sperimenta in altri settori. Le banche dovranno confrontarsi con nuovi player (Amazon, Facebook, Google) che fanno della tecnologia e della user experience elementi centrali della loro offerta». In questo Objectway, abbinando le competenze finanziarie all’ innovazione tipica di una fintech, si pone come partner in grado di fornire alle istituzioni finanziarie molteplici funzionalità modulari per comporre soluzioni specifiche in base alle esigenze di business, consentendo loro di innovare «dall’ esterno» e di focalizzarsi sulle attività core. In gioco ci sono una serie di poste di grande valore. Senza procedere alla digital transformation il private banking rischia di perdere «la possibilità di attirare le nuove generazioni di investitori, che si aspettano una relazione anche fortemente basata su strumenti digitali di interazione e collaborazione con il proprio consulente o banker», conclude Marciano.

«L’obiettivo dovrebbe essere quello di attrarre e trattenere in organico professionalità di talento, che possano utilizzare al meglio le tecnologie a supporto della produttività, dell’ efficienza operativa e generare valore per il cliente, per fare la differenza in un mercato sempre più competitivo. Il processo è complesso poiché richiede il passaggio da una trasformazione digitale cost-driven a una value-driven. Customer journey, experience, onboarding, collaborazione in piena sicurezza, disponibilità delle informazioni in tempo reale e ovunque, tutto ciò può rappresentare oggi quel valore aggiunto per cui i clienti sono disposti a pagare un premium price».