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Il nostro CEO e fondatore ha preso a parte una delle tavole rotonde di Digital Investment Management, convegno organizzato al Chateau Monfort di Milano da The Innovation Group per parlare dei cambiamenti portati dalla digitalizzazione nel Wealth Management.
A moderare la tavola rotonda Il Wealth Management come leva di crescita per le banche e come il digitale lo sta cambiando è stato Francesco D’Arco, direttore editoriale di Advisor, che ha interrogato Luigi:
I produttori parlano spessissimo di roboadvisor; poi, in realtà, ormai è assodato che in Italia non esistono. Facciamo altre cose, diciamo piattaforme di consulenza tecnologicamente evolute per consulenti. Ti chiedo da osservatore e da attore del mercato qual è la realtà in Italia a che punto si trova il Paese dal punto di vista della digitalizzazione.
LA RISPOSTA DI LUIGI MARCIANO
Ricollegandomi a una presentazione dove si parlava di utilizzi di artificial intelligence, ritengo che il problema non sia quello degli strumenti. L’artificial intelligence è la frontiera del digitale, la parte più avanzata delle tecnologie digitali. Quindi la tecnologia per applicare il digitale in tutte le fasi, sia del wealth management che dell’asset management, esiste e molti operatori la stanno adottando.
Alcuni nostri clienti hanno per esempio completamente digitalizzato il customer journey, eliminando il problema della carta; altri sono più focalizzati a utilizzare la tecnologia per la costruzione di portafogli modello; altri ancora sono maggiormente concentrati, per esempio, sull’automazione delle proposte di investimento mediante l’applicazione della MiFID ex ante, in modo da disporre di proposte di investimento adeguate su grande scala. In tutti questi contesti si applicano tecnologie digitali di automazione, di robotizzazione, e successivamente anche strumenti di machine learning, più avanzati, che supportano l’uomo e potenziano quello che gli è possibile fare con le sue capacità.
L’altra differenza importante, guardando anche al mercato estero, è come queste tecnologie digitali vengono adottate, sostanzialmente come si decide di diventare Fintech.
PER LA DIGITALIZZAZIONE, MEGLIO COMPONENTI O PIATTAFORMA?
Alcuni clienti ci scelgono come fornitori di software, componenti che devono essere integrati nei loro sistemi e questo innesca dinamiche e tempi di adozione, tipicamente un po’ più lunghi. Altri invece utilizzano le nostre platform. Devo dire che questa tendenza è molto più marcata con i clienti stranieri.
Il senso dell’utilizzo in termini di platform è evidente: se si desidera una digitalizzazione avanzata, applicando strumenti di intelligenza artificiale ad attività di big data, bisogna disporre di una piattaforma in grado di raccogliere queste informazioni in modo che possano essere utilizzati da appositi algoritmi.
Se questi dati sono sparsi in sistemi di Back-Office obsoleti, anche il migliore strumento è inapplicabile. Si sa di disporre di una miniera d’oro ma è difficile accedere al filone; occorre rendere più accessibile il filone, per estrarne il valore .
IL SENSO DI UN’OFFERTA PLATFORM
Questo riesce più facile a grandi operatori internazionali dell’asset management che hanno già le loro piattaforme, su cui naturalmente investono.
Ma ci sono anche nostri clienti che ci affidano sostanzialmente un’area del loro business sotto forma di platform che si integra con i sistemi informativi già esistenti.
I clienti a quel punto beneficiano in tempi abbastanza brevi di tecnologia completa, integrata e disponibile, che consente di supportare sia la gestione del cliente sia l’attività dell’advisor, tramite l’ottimizzazione del portafoglio e altre funzioni che consentono di gestire in modo integrato il ciclo di vita degli investimenti e della ricchezza sul patrimonio del cliente.
Con riferimento a questa stessa tematica, Luigi è intervenuto anche sull’evoluzione del Wealth Management sotto la spinta del digitale, a cui rimandiamo per ulteriori approfondimenti.